domenica 15 giugno 2008

Disegno di Legge n° 623, d’iniziativa dei Senatori Berselli e Balboni

Senato della Repubblica - XVI Legislatura

Disegno di Legge n° 623, 

Comunicato alla Presidenza il 21 maggio 2008

 

“Modifiche alla legge 26 luglio 1975, n. 354, e al codice di procedura penale, in materia di permessi premio e di misure alternative alla detenzione”

 

Onorevoli Senatori. - Il presente disegno di legge mira a recuperare certezza ed effettività della pena. Il ridimensionamento del carattere custodiale del carcere ed il potenziamento dei meccanismi rieducativi hanno, di fatto, troppo spesso procurato l’effetto di sfoltire semplicemente la popolazione detenuta e di alleggerire gli istituti penitenziari ormai saturi.

 

La sofferenza del sistema sanzionatorio nel suo complesso è di palmare evidenza ed è perciò sempre minore la deterrenza alla commissione di nuovi reati. Ormai quotidianamente si susseguono casi di cronaca che vedono delinquenti incalliti, ammessi a fruire degli innumerevoli benefici previsti dal vigente ordinamento penitenziario, commettere nuovi ed efferati delitti.

 

L’allarme e l’indignazione suscitati nell’opinione pubblica da simili fatti impongono una seria rivisitazione degli istituti di cui troppo si è abusato in nome di una malintesa indulgenza che tende sempre più a perdonare il reo senza più pretendere che prima venga espiata la pena inflittagli.

 

In tal modo viene disattesa la stessa funzione rieducatrice della pena, per la quale è indispensabile quell’adeguato grado di afflittività che solo con la privazione della libertà si può ottenere.

 

Conseguenza altrettanto negativa della situazione venutasi a creare (aggravata ulteriormente dal recente indulto, il più ampio della storia repubblicana, che ha messo in libertà decine di migliaia di detenuti per reati gravi e gravissimi) è la progressiva demotivazione delle Forze dell’Ordine e della Polizia giudiziaria, che troppo spesso vedono rimettere in libertà criminali arrestati pochi giorni prima, a volte con grave rischio per l’incolumità degli agenti, che li hanno assicurati alla giustizia.

 

Si ritiene innanzitutto di prevedere che i permessi premio possano essere concessi agli ergastolani soltanto qualora essi abbiano scontato venti anni di pena e non i dieci attualmente previsti, sul presupposto che dopo venti anni i rischi per la collettività siano ridotti a zero o quasi. È poi necessario restringere la portata applicativa dell’affidamento in prova al servizio sociale portandolo da tre ad un anno.

 

Poiché i giudici irrogano le pene detentive quasi sempre nel minimo e le attenuanti generiche non si negano quasi mai, considerate le ulteriori diminuenti del rito abbreviato o del patteggiamento (senza contare gli effetti perversi del recente indulto), la pena effettivamente da scontare di rado supera i tre anni e, quindi, con l’attuale affidamento, ben pochi condannati finiscono in carcere. E quelli che ci vanno, con l’affidamento in prova che copre un residuo pena di tre anni, per un motivo o per l’altro ci restano ben poco. Con buona pace della certezza della pena.

 

Occorre altresì abrogare l’attuale disposizione che consente, in determinati casi, l’affidamento del condannato senza procedere a quella osservazione in istituto, che noi riteniamo invece sempre indispensabile.

 

Analoghe considerazioni valgono per la detenzione domiciliare che oggi è prevista per le pene fino a quattro anni, che noi pertanto proponiamo di ridurre a due. Per ciò che concerne la detenzione domiciliare è, altresì, ragionevole rivedere, in considerazione del lieto allungarsi della vita umana, l’attuale ipotesi di concessione all’ultra-settantenne, riservandola all’ultra-settantacinquenne. Ancora, in tema di detenzione domiciliare, istituto su cui ha puntato molto la nostra evoluzione penitenziaria, pur se scollegato da qualsivoglia percorso trattamentale, si ritiene improcrastinabile un maggiore controllo ed un monitoraggio continuo da parte degli uffici di esecuzione penale esterna.

 

È di questi ultimi giorni la notizia di cronaca secondo cui uno degli autori della rapina compiuta il primo ottobre 2007 a Siena, alla sede centrale del Monte dei Paschi, è Cristoforo Piancone, un esponente di primo piano delle Brigate rosse, membro della direzione strategica dell’organizzazione. Piancone era stato condannato all’ergastolo per concorso in sei omicidi ed in due tentati omicidi. Dopo anni di carcere era stato ammesso al lavoro esterno, ma nel corso di tale misura aveva commesso una rapina impropria in un supermercato.

Dal 2004, si stenta a crederlo, si trovava in regime di semilibertà ed appunto in semilibertà ha compiuto la rapina al Monte dei Paschi di Siena. Ma come è possibile che un tipo come il Piancone godesse della semilibertà?

Nello Rossi, segretario dell’Anm (Associazione nazionale magistrati) ritiene «intollerabile che si carichino i giudici di responsabilità e che poi li si crocefigga. Ai magistrati che, in applicazione delle norme, riconoscono benefici ai detenuti si richiede una difficile prognosi sulla condotta che questi terranno».

 

Se ciò è vero, l’unica soluzione è intervenire per modificare le condizioni che presiedono alla concessione della misura della semilibertà. Oggi è concedibile qualora il condannato abbia scontato metà della pena. Noi prevediamo che la stessa debba essere scontata almeno fino ai due terzi e, nei casi più gravi, anziché fino ai due terzi, fino ai tre quarti, per garantire alla collettività una maggiore tranquillità.

 

Prevediamo inoltre che i condannati all’ergastolo non possano essere ammessi al regime di semilibertà perché, diversamente, una tale condanna non avrebbe davvero più significato.

 

Si ritiene, altresì, opportuno sopprimere un istituto come quello della liberazione anticipata che, oltre ad avere subìto dall’origine gravi critiche dottrinali (il grande criminale ed il mafioso difficilmente vengono bersagliati da rapporti disciplinari ostativi alla concessione del beneficio), regala incomprensibilmente ai detenuti un calendario diverso, fatto di nove mesi l’anno invece di dodici.

 

Occorre, inoltre, modificare l’articolo 444 del codice di procedura penale, aggiungendo una doverosa consultazione delle persone offese ed una adeguata provvisionale a loro favore, al cui pagamento effettivo è condizionata la stessa applicazione della pena su richiesta.

 

È necessario, infine, in tema di esecuzione delle pene detentive, modificare l’articolo 656 del codice di procedura penale nella parte in cui è prevista la sospensione della pena entro il limite dei tre anni, riducendola ad un anno, per rendere tale previsione compatibile con la corrispondente modifica da noi apportata all’istituto dell’affidamento in prova al servizio sociale. Confidiamo pertanto in una rapida approvazione di questo disegno di legge.

 


Disegno di Legge n° 623

 

Art. 1

 

1. All’articolo 30-ter della legge 26 luglio 1975, n. 354, di seguito denominata «legge n. 354 del 1975» al comma 4, lettera d), la parola: «dieci» è sostituita dalla seguente: «venti».

 

Art. 2.

 

1. All’articolo 47 della legge n. 354 del 1975, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 1, le parole: «tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «un anno»;

b) il comma 3 è abrogato.

 

Art. 3

 

1. All’articolo 47-ter della legge n. 354 del 1975, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 01, le parole: «settanta anni» sono sostituite dalle seguenti: «settantacinque anni»;

b) al comma 1, alinea le parole: «quattro anni» sono sostituite dalle seguenti: «due anni»;

c) al comma 1-bis, le parole: «a due anni» sono sostituite dalle seguenti: «a un anno»;

d) al comma 4, è aggiunto, in fine, il seguente periodo: «In ogni ipotesi di detenzione domiciliare l’ufficio esecuzione penale esterna ha compiti di monitoraggio della misura con obbligo di relazionare periodicamente al magistrato di sorveglianza sull’andamento della stessa».

 

Art. 4

 

1. All’articolo 50 della legge n. 354 del 1975 sono apportate le seguenti modificazioni:

a) al comma 2, le parole: «almeno metà» sono sostituite dalle seguenti: «almeno due terzi», le parole: «almeno due terzi» sono sostituite dalle seguenti: «almeno tre quarti» e le parole: «di metà» sono sostituite dalle seguenti: «di due terzi»;

b) il comma 5 è abrogato.

 

Art. 5

 

1. L’articolo 54 della legge n. 354 del 1975, è abrogato.

 

Art. 6

 

1. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 444, comma 2, primo periodo, dopo le parole: «sulla base degli atti» sono inserite le seguenti: «, sentite le persone offese» e dopo il primo periodo è inserito il seguente: «Il giudice condanna l’imputato al pagamento di una adeguata provvisionale a favore della persona offesa, subordinando la stessa applicazione della pena su richiesta all’effettiva corresponsione della predetta provvisionale»;

b) all’articolo 656, comma 5, primo periodo, le parole: «tre anni» sono sostituite dalle seguenti: «un anno».

Nessun commento: